Per una rinnovata, indissolubile intesa tra Arte e
Scienza
di Antonio
Gasbarrini
Non è semplice, né tanto meno agevole, sintetizzare
con una breve nota critica L'Arte
scientifica teorizzata dallo "scienziato Luciano Romoli", emblematicamente visualizzata con le opere modulari esposte in questa
Rassegna fiorentina dedicata ai rapporti tra Arte e Computer, opere realizzate
dal suo doppio, quello dell' "artista Luciano Romoli".
Scienziato-artista o artista-scienziato che dir si voglia, Luciano Romoli ha elucidato molto
bene – con le sue dichiarazioni poetiche disseminate in vari testi – il come
ed il perché «Ricercare un
algoritmo fantastico nel quale si incontrino conoscenza, poesia, immaginazione,
logica, mito, sogno, creatività e che si possa esprimere per mezzo della
formula aporetica Metafora della
Metafora».
Prima di entrare nel merito del suo lavoro, è
opportuno fare una telegrafica premessa.
Per quanto riguarda l'Arte Digitale, in un mio intervento tenuto un paio di anni fa al
Convegno "Arte e Matematica: un sorprendente binomio" ponevo questa
domanda: può la sola 'aura' scientifica (software)
e tecnologica (hardware) legittimare
l'esteticità di lavori digitali
riproponenti la vecchia querelle della
distinzione tra Arte con l'A maiuscola ed artigianato, adesso identificabile
nella ripetizione costante di stilemi informatici standard generabili con
algoritmi?
Facevo inoltre una netta distinzione tra Similarte (digitale) e Arte Digitale, esemplificabile nei due filoni fondamentali della Computer Graphics e della Computer Art. Al primo facevo confluire
tutte le immagini integralmente digitali create da scienziati e tecnici (anche con il coinvolgimento di artisti)
per scopi eminentemente speculativi o pratici quali possono essere la
visualizzazione di enti matematici, geometrici, fisici, microfisici, etc.,
mentre al secondo riconducevo tutti i lavori integralmente o marginalmente
digitali realizzati da artisti (anche con l'ausilio di scienziati e
tecnici) per sollecitazioni esclusivamente formative
secondo la probante accezione di Luigi Pareyson: «L'operazione artistica è un
processo di invenzione e produzione esercitato non per realizzare opere
speculative o pratiche o altre che siano, ma solo per sé stesso: formare per
formare, formare perseguendo unicamente la forma per sé stessa: l'arte è pura
formatività».
Sulla base di questa indicativa distinzione L'Arte
scientifica di Luciano Romoli va pertanto
collocata nell'alveo della Computer
Art, con il non secondario particolare della coincidenza, nella stessa
persona, dell'artista e dello scienziato.
La romoliana
Metafora della metafora, di
conseguenza, riesce a saldare olisticamente le rispettive esigenze
(dell'artista e dello scienziato), ripercorrendo con immagini sincretiche ed in modo inusuale quanto originale, alcuni
brani essenziali della storia dell'arte e della scienza (Paolo Uccello,
Brunelleschi, George Seurat, Lucio Fontana, Gugliemo Marconi, tanto per citare
alcuni nomi), costruendo spaziali
"architetture magnetiche", inventando "ondulazioni luminose
immaginarie" e "viaggi immaginari di particelle subatomiche",
erigendo "ville telematiche", fondando utopiane
"micropoli", con l'obiettivo unitario di riconciliare esteticamente
la visibilità della materia e dello
spazio tridimensionali così come li conosciamo con i nostri sensi, con
l'invisibilità microfisica dell'energia e del tempo-spazio quadridimensionale e
degli iperspazi multidimensionali. Infatti, dopo la formulazione nel 1927 del Pricipio di indeterminazione di
Heisenberg e della connessa Teoria dei
quanti, le leggi macrofisiche della casualità non sono più valide nello "strano mondo" delle
particelle subatomiche, mentre è stata radicalmente messa in discussione la
loro stessa rappresentabilità grafica poiché «qualunque tentativo di dare una
interpretazione visiva dei fenomeni submicroscopici che sia in accordo con la
meccanica delle matrici viene frustrato dalla mancanza di termini macroscopici
con cui il comportamento delle particelle subatomiche possa essere messo in
relazione», J. W. McAllister, 1996.
Di diverso avviso (e ne parleremo oltre) è
l'artista-scienziato Luciano Romoli il quale – ad iniziare da una problematica
essenzialmente pittorica con le tante immagini digitali dedicate alle scene
della Battaglia di S. Romano di Paolo
Uccello, immagini ri-elaborate e ri-create al computer con appositi eidoalgoritmi (algoritmi costruiti con
immagini) – ha saputo riproporre tutta
la modernità di questo «eccellente pittor fiorentino, il quale perché era
dotato di sofistico ingegno, si dilettò sempre di investigare faticose e strane
opere nell'arte della prospettiva; e dentro tanto tempo vi consumò, che se
nelle figure avesse fatto il medesimo, ancora che molto buone le facesse, più
raro e più mirabile sarebbe divenuto».
Il giudizio negativo del Vasari, accentuato dal
fatto che Paolo «non osservò molta unione di far d'un solo colore, come si
debbono fare le storie, delle quali fece i campi azzurri, le città di color
rosso, e gli edifici mescolò secondo che gli parve, perché le cose che si
contrafanno di pietra non possono né debbono essere tinte d'altro colore», non
è attenuato dal riconoscimento dell'indubbia bravura con cui il nostro
investigava strane figure geometriche mostrando quotidianamente a «Donato
[Donatello] mazzocchi a facce tirati in prospettiva, e di quegli a punti di
diamanti con somma diligenza e bizzarre vedute per essi. Conduceva bruccioli in
su i bastoni che scortassero, perché si vedessi il di dentro e'l di fuori e le
grossezze di quelli, e palle a settantadue facce molto difficili».
Le decorazioni geometriche musive in S. Marco a
Venezia (Dodecaedro stellato, Rosone di nastri, Rosone a spirale verso destra e Rosone
a spirale verso sinistra, 1425 - 1430), attribuitegli a metà degli scorsi
anni Cinquanta , sono una testimonianza pregnante della scientificità
matematica della sua prospettiva, rafforzata dal fatto che l'auratica geometria
del Dodecaedro stellato sarà
autonomamente ri-visualizzata nel 1619 da Keplero con il nome di Stellarum duodecim planarum pentagonicarum
nel suo trattato Harmonices Mundi:
uno dei tanti esempi delle anticipazioni dell'Arte nei confronti della Scienza,
ma anche dei fecondi, inesauribili rapporti così ben riattualizzati con L'Arte scientifica di Luciano
Romoli.
Sgrammaticato secondo i canoni matematici della
prospettiva euclidea teorizzati e praticati da un Piero della Francesca,
l'impaginato di Paolo Uccello risulta ai nostri occhi sintatticamente
avveniristico tenuto conto della fluidità delle sue immagini ottenuta con
piccole deformazioni anamorfiche, della frantumazione frattalica della
figurazione, del dinamismo virtuale impresso ai moti di combattenti e cavalli
(con uno scatto d'immaginazione si
faccia un confronto sincronico tra la futurista "Ragazza che corre
sul balcone" di Giacomo Balla e le caleidoscopiche gambe dei soldati in
marcia o tra la parcellizzazione fotografica dell'andatura dei cavalli del
Marey e le combinazioni prospettiche ellittiche presenti nella Battaglia di S. Romano - Intervento di Michelotto da Cotignola, al
Louvre). Detto in altri termini: da una diversa concezione dello spazio estetico, senz'altro visionario (surreale per la deformazione delle
figure, fauve per l'arbitrarietà dei
colori e metafisico per lo
svuotamento temporale ed il congelamento dei movimenti), ma non per questo
lontano dalla semplicità matematica binaria della grafica computerizzata,
semplicità ripercorsa sperimentalmente una quindicina di anni fa da Luciano
Romoli mediante l'utilizzazione di un software
specifico dimostrante «l'analogia fra il processo mentale usato da Paolo
Uccello e la sequenza di operazioni effettuate da un sistema elettronico nella
costruzione di un calice, [utilizzando così] principi analoghi a quelli
adottati molti secoli dopo nelle tecniche di grafica computerizzata».
E, proprio in virtù delle acrobazie grafiche
possibili con la Computer Art, le
geometrie proiettive alternative inseguite da Paolo Uccello con una volontà che
«stanca et affaticata sterilissime e secche cose viene generando » – (sempre il
Vasari) – sono rivitalizzate da questo ciclo romoliano dedicato ad un
capolavoro quanto mai attuale, con la rilettura iconica delle impostazioni
prospettiche pluricircolari presenti nelle "due Battaglie" della
National Gallery e degli Uffizi: sono adesso le impensabili combinazioni
geometriche ed i diafani colori programmabili con algoritmi digitali
(rotazione, traslazione e compenetrazione di piani ultra-euclidei,
stratificazione soft di velature
ipertrasparenti, cinetismo non solo optical
e virtuale impresso a siderali pitto-sculture, punto di vista fruitivo delle
immagini a 360°, etc.,), a consentirci di apprezzare al meglio il significato
più profondo di un'intera vita spesa nel salmodiare l'ammaliante ritornello: «O
che dolce cosa è questa prospettiva!» (Vasari).
I vari cicli digitali dedicati ai due capolavori
uccelliani (Dinamismo circolare, Dinamismo di una battaglia: controcomposizione, Distribuzione
dei piani di una battaglia, Sviluppo
concentrico di una battaglia)
prendono spunto da uno o più particolari pittorici della Battaglia di S. Romano
stilizzati manualmente su carta (gli eidoalgoritmi
"inventati" da Romoli), rielaborati successivamente al computer, fino
ad ottenere con vertiginose rotazioni
di rossi, gialli ed altri colori prelevati dalla tavolozza di Paolo Uccello
"trafitta" da sottilissimi raggi (lance), un polifonico movimento di
soldati, cavalli e cavalieri tri e
tetradimensionalizzato dalla concitata sovrapposizione degli eterei piani.
Un altro tema molto caro a Romoli, quello
scientifico della deviazione della luce in presenza di una massa gravitazionale
predetta da Einstein e misurata per la prima volta da Eddington («Nel nostro
sistema solare la gravità incurva appena i raggi di luce [...], ma in
prossimità di una stella di neutroni l'incurvamento della luce dovrebbe
raggiungere i 10-20 gradi: un effetto abbastanza importante per distorcere la
visione», Martin Rees, 1997), è ben percepibile nel totem-scultura Fascio di luce frattale presente in questa Rassegna.
La fusione, l'incrocio tra la luce analogica emessa
da una sorgente luminosa dai riverberi azzurrognoli, e la serpentinata,
zigzagante trama digitale frattale elaborata al computer, successivamente
impressa su una superficie trasparente di acetato, è sottolineata dalla
ulteriore sovrapposizione di una lamina in plexiglas satinato (incurvata a mo'
di parabola), in modo da esaltare otticamente nella sua parte centrale quella
incredibile curvatura della luce pensabile solo in una dimensione
spazio-temporale, curvatura che non potrà mai essere percepita realmente
dall'occhio umano. Una visualizzazione fantastica, quindi, capace di avvicinarci agli enigmi ed ai misteri della
natura in maniera più pregnante di quanto non possano fare le più sofisticate
equazioni matematiche quantistiche.
Quest'opera, pur nella fisicità delle sue componenti
materiche e plastico-scultoree, viene ad
imporsi nello spazio circostante con il
suo slargamento, la sua dilatazione ("la materia dice allo spazio
come incurvarsi ed il secondo alla prima come muoversi", forse Einstein,
citazione a memoria) ottenuti dall'energia luminosa frantumata dalla
sovrastante trama frattale che ne rallenta la velocità di propagazione, e,
dalla coesistente incurvatura che ne prolunga il tempo di percorrenza. In
ultima analisi, una non-prova estetica
scolpita e dipinta in e per uno
spazio "altro" da quello classico rinascimentale-euclideo, e perché
no, alquanto noioso e sempre uguale a sé stesso così come veniva descritto
nella meccanica di Newton o nella
filosofia di Kant.
Ecco allora che quello stesso spazio apparentemente
amorfo e neutrale, brulicante invece di fotoni, raggi x e gamma, radiazioni di
ogni tipo aventi frequenze d'onda diverse ma viaggianti tutti alla stessa
velocità (della luce, e cioè a circa 300.000 km. al secondo), viene strutturato
da Luciano Romoli con "Architetture elettromagnetiche" progettate
«utilizzando "elementi" e "strutture" già esistenti, come
gli alti strati dell'atmosfera, i pianeti, i satelliti artificiali, e
utilizzando contemporaneamente sistemi idonei per la generazione e la
propagazione di un'ampia gamma di radiazioni [posizionando] nello "spazio
cosmico" strutture "archittetonico-magnetiche" secondo un
preciso progetto».
Ovviamente l'elaboratore elettronico è il medium indispensabile sia per la progettazione
che per la costruzione e la visualizzazione di queste impalpabili architteture
costituite di sola energia, ma dal punto di vista formale molto più avanzate ed
intriganti di quelle
"terrestri" fortemente condizionate dalla calamita gravitazionale.
L'eco delle "Architetture
elettromagnetiche" può essere ricercato nell'ibridazione fantastica
effettuata da Luciano Romoli tra la rivoluzionaria "geometria ottagonale
autoportante a spinapesce" della Cupola brunelleschiana di S. Maria del
Fiore e l'analoga conformazione diagrammatica delle radiazioni
elettromagnetiche generate dall'antenna di Guglielmo Marconi. Annota in
proposito lo stesso Romoli: «Egli [Marconi] aveva inconsciamente costruito
un'archittetura invisibile, di grandezza e solennità paragonabile a quella
posseduta dalla Cupola fiorentina del Brunelleschi. Architteture, entrambe sanza armadura, per segnare e contenere
lo spazio, per comunicare messaggi invisibili e collegare punti diversi e
lontani tra loro». Per approfondire le analogie visuali colleganti le ricerche
perseguite dai due architetti spaziali, è opportuno visionare lo stimolante
videoclip Eido-Technesie del '98
contenente "liriche poetiche dove
l'Arte e la Scienza si incontrano attraverso la parola, l'immagine, il
suono".
Il Modulo di
Villa telematica proposto in questa Rassegna fiorentina è da collocare
pertanto all'interno delle
sollecitazioni creative delle "Architteture elettromagnetiche"
escludenti qualsiasi imbalsamazione della materia costruttiva, sempre ideata
per inter-agire con i campi elettromagnetici: di conseguenza, la forma
razionale, e perciò ancóra cartesiana ed euclidea della struttura
architettonica del Modulo, galleggia, quasi, in un ambiente oscurato ed illuminato da due righe parallele
(capitelli) ed altre due ortogonali (pavimento) di luce, dialogando inoltre con
le immagini digitali ("segni estetici" li definisce Romoli) in esso
incorporate, nel caso specifico una stella
maris, molto probabilmente ispirata al dodecaedro uccelliano.
Ed è sempre una concezione spaziale non-euclidea a
presiedere la successione dei fotogrammi digitali visibili nel monitor di Metamorfosi spazio-temporali ove, come
in un film surrealista, le dimensioni della realtà e quelle della fantasia e
del sogno si fondono nella successione
spazio-temporale dei tre cicli geometrici di Battaglie di S. Romano, Fasci
di luce e campi elettromagnetici,
Bolle di sapone.
In questo nuovo spazio curvo, con immagini
germogliate da algoritmi stilati per la superficie piana euclidea del monitor,
trasmutate poi da specchi concavi e convessi, crollano tutti i teoremi legati
alla limitata e limitante prospettiva tridimensionale ed emerge, con forza,
quella nuova visione (non solo geometrica!) dell'universo e del mondo
instaurata con le superfici ellittiche della "Geometria delle grandezze
pluriestese" di Riemann (superfici a curvatura positiva in cui la somma
degli angoli di un triangolo è superiore a 180°) e iperboliche della
"Geometria immaginaria" di Lobacevskij (superfici a curvatura
negativa con la somma inferiore a 180°).
Il breve, ma intenso filmato, si snoda
magistralmente nell'animazione di incastri volumetrici fantasmatici: i lacerti
della Battaglia, lancinanti nei loro
colori forti, araldici, con i pixel che
danno il meglio di sé stessi nell'emulazione numerica di sovrapposizioni
cromatiche a tinte forti, si stemperano quasi, nei silenti, astrattizzanti
trapassi geometrici dedicati al tema dei Fasci
di luce e campi elettromagnetici
caratterizzati da eteree superfici curvilinee magicamente danzanti nelle volute
delle loro repentine trasmutazioni. Metamorfosi che nelle trasparentissime,
leggerissime "metropoli galattiche" messe su da una vulcanica
fantasia soggiogata dall'affascinante matematica delle Bolle di sapone, raggiungono il diapason
della smaterializzazione digitale.
Una riflessione conclusiva. I moduli fisici qui allestiti – ivi compresi i pannelli grafici su carta e acetato di alcuni tra gli innumerevoli output possibili, integri o manipolati a piacere con il successivo intervento manuale dell'autore – oltre che nello loro specificità linguistica ed estetica, vanno intesi come tessere musive di un'unica installazione in cui la continua interazione tra immagini analogiche e digitali, storia dell'arte e della scienza, tradizione e avanguardia, ragione e fantasia, si mescolano e si ri-trovano in dimensioni (anche psicologiche) "superiori" a quelle esperibili quotidianamente.